mercoledì 24 aprile 2013

Ruiz de Cardenas - Pinot Nero Le Moìne 2009


Gianluca Ruiz de Cardenas è un piccolo e indipendente produttore in Oltrepò Pavese. Il suo quartier generale si trova a Mairano di Casteggio, immerso e perchè no anche un pò nascosto nelle colline oltrepadane. Ho avuto il piacere e la fortuna di andare direttamente a trovarlo un paio di volte per ritirare personalmente le bottiglie ordinate e ho avuto quindi la possibilità di verificarne di persona la serietà professionale con la quale conduce la sua attività.
Credo non sia un segreto per chi conosce se non tutti almeno alcuni dei suoi prodotti come il buon RdC sia un vero appassionato di Borgogna e come tale le varietà che ha deciso di impiantare nei suoi 5 ettari in suolo oltrepadano sono appunto solamente Chardonnay e Pinot Nero. Entrambi sono largamente utilizzati per ottenere dei metodo classico di grande stoffa, come peraltro già segnalato da pareri ben più autorevoli del mio qui ma anche qui, ma soprattutto il Pinot Nero viene anche utilizzato per due rossi, Brumano e Le Moìne.
 
Del Brumano parlerò in seguito (un 2005 pazientemente aspetta in cantina), oggi ritorno su alcuni appunti riguardo il più semplice dei due rossi menzionati, Le Moìne appunto.
Ottenuto da uve pinot nero vendemmiate nella vigna che dona il nome al vino in località Oliva Gessi, l'annata 2009 si presenta nel bicchiere rosso granato con la trasparenza classica del pinot nero. 
Al naso attacco abbastanza intenso, interessanti note fruttate di fragola e lampone si avvicendano e poi lasciano spazio a sentori mentolati, quasi balsamici, che virano poi su toni infusivi. Lieve accenno di tabacco dolce. Discreta complessità per un vino che non prevede affinamento in legno ma solamente in acciaio.
In bocca la freschezza è ancora ben presente, tannino davvero levigato e discreta carnosità. Frutta rossa abbastanza succosa e intrigante sentore di sambuco nella nota retrolfattiva, ben bilanciata con il frutto l'acidità. Sprazzi di eleganza per un prodotto che nel complesso rimane un vino da tutto pasto, ma che ci permette di intravedere il bel lavoro svolto dal viticoltore in vigna prima e in cantina poi, e ci lascia con la profonda curiosità di assaggiare il suo Brumano.


mercoledì 17 aprile 2013

Quinta de Roriz - Prazo de Roriz 2007

  

Se non siete mai stati in Portogallo e ci volete andare non prescindete mai e poi mai da una visita nell'Alto Douro.
Questa regione, che si trova nella parte settentrionale del paese, attraversata dal fiume che gli dona il nome (e che in Spagna è chiamato Duero, Ribera del Duero vi dice niente?), è una delle aree vinicole più antiche al mondo. Nella valle del Douro le sponde della vallata sono trasformate in terrazzamenti vitati, che tanto ricordano la viticoltura eroica, sui quali sono coltivati i vigneti che danno vita al Vinho do Porto.
Oltre alle uve utilizzate per la produzione del Porto, tante quintas producono vini rossi secchi, alcuni di grande fattura.
Nel corso del tempo ho sempre più avuto modo di avere conferma che enologicamente parlando il Portogallo non è solo Porto e Madeira, ma anche vini da tavola di grande valore, peraltro spesso con un rapporto qualità prezzo molto interessante (se vi capita buttatevi anche sull'Alentejo, altra regione di rossi straordinari).
 
Quinta de Roriz è uno dei più antichi estate della regione del Douro, risalente agli inizi del XVIII secolo, famosa soprattutto per essere stata la prima ad avere esportato un Single Quinta Vintage Port. 
Prazo de Roriz è uno dei loro prodotti, ottenuto con un blend di uve rosse (difficile l'uso di vitigni in purezza qui), autoctone per la maggioranza, con predominanza della Touriga Nacional, vero vitigno principe di questa zona.
Rosso rubino molto compatto, naso che apre su note fruttate ma poi vira decisamente su alcune più evolute, donate dal legno dove il vino riposa per qualche tempo. Sono le uve che vengono utilizzate per il Porto, e l'ombra del Porto la si sente nel bicchiere, con quei caratteri tipici di legno integrato a frutta matura.
Il Porto è un parente sia chiaro, ma è innegabile che la parentela sia percepibile e affascinante.
Nel complesso un prodotto di medio livello, ma chiaramente interessante per chiunque voglia approcciare un vino rosso dell'area del Douro.






sabato 13 aprile 2013

Friuli in rosso

 
 
Con un certo ritardo ritorno su una degustazione tenutasi presso l'hotel Westin Palace di Milano sui vini rossi del Friuli.

Il Friuli Venezia Giulia non è sicuramente una regione enologicamente famosa per i suoi vini rossi, ma non va dimenticato che in queste zone sono diversi i vitigni rossi autoctoni in grado di regalare grandissimi prodotti. La serata organizzata da AIS Milano ha in questo senso centrato in pieno l'obiettivo di far conoscere, o riscoprire per chi già li conosceva, alcune bottiglie davvero interessanti.

Numerosi sono stati gli assaggi, per cui una discreta operazione di filtraggio mi porta a condividere le sensazioni solo dei vini che più mi hanno sorpreso e impressionato.

Questa volta andiamo per vitigno e partiamo dagli internazionali per poi proseguire con gli autoctoni e chiudere con l'angolo dei biodinamici.

Internazionali

Castelvecchio Merlot 2006

Siamo nella DOC Carso e troviamo un gran bel Merlot, ottenuto mediante sapiente selezione di grappoli per un vino dalla buona struttura. Rosso rubino compatto, al naso è ben presente la nota del legno, sono 3 gli anni di affinamento tra barriques e botte grande. In bocca buona pienezza e rotondità, frutta rossa tendente al maturo e un tannino ancora vivo introducono un finale dove spicca una ovvia impronta di liquirizia dolce molto gradevole. Buono. 88pt

Fiegl Merlot Leopold 2006

Merlot interessante quello di Fiegl, qui parliamo della linea di produzione denominata Leopold. Il simpatico Matej ci versa un Merlot 2006 che regge con tranquillità i suoi quasi 7 anni, esce infatti da 3 anni di affinamento in legno e da 3 in bottiglia. Le caratteristiche classiche di ogni buon merlot che si rispetti ci sono tutte, a cominciare da quella bella rotondità in bocca che tanto invoglia alla beva. Abbastanza complesso, intrigante rapporto qualità/prezzo. 85pt

Tenute Tomasella Le Bastìe 2005

Merlot di razza, di straordinaria pienezza in bocca. Complesso al naso e in bocca con una successione di toni fruttati integrati ad alcuni più evoluti su note di tabacco e spezie. 11 mesi in barriques nuove. Selezione di uve dal vigneto "Le Monde", la zona è quella della DOC Grave. 90pt

Fiegl Merlot 1998

Merlot di chiusura della serata, che l'azienda ha portato quale esperimento per far scoprire le potenzialità di questo vitigno in una zona come quella di Oslavia. Un Merlot con un solo anno di affinamento in botte e ormai quasi 14 di attesa prima di essere stappato. Ancora abbastanza fresco, forti le note di cioccolato e di bruciato al naso. In bocca ritornano le note affumicate e chiude leggermente stanco. Nel complesso interessante per come ha tenuto nel tempo.

Tenute Tomasella Cabernet Franc 2011

Sempre dalle Grave del Friuli proviene il miglior Cabernet Franc della serata. Un vino "quotidiano" di grande eleganza e franchezza. Le Grave garantiscono ai vini quelle note più delicate rispetto ai loro corrispettivi carsici, in genere più delineati e netti. Questo Cabernet Franc ha un colore rosso rubino scarico, quasi pinotnoireggiante, un naso verde con la fortissima nota vegetale di peperone in evidenza, molto elegante però. In bocca è al limite del magro, ma di ottima beva. Non è un vinone, ma ruotandolo è bevuta quotidiana di grande spessore. Prezzo imbattibile.

Jermann Red Angel 2010

Un vino femminile in una serata di vini molto molto maschi. Un Pinot Nero molto intrigante, il colore è quello tipico del vitigno, un rubino tenue. Il naso ti spiazza con note quasi da vino bianco, fragola, papaya, passion fruit, tropicale nel suo evolversi nel bicchiere. Al palato conferme, poco corpo ma molto fine, complesso e delicato. Si ritrovano le note fruttate di stampo tropicale. Un rosso che sembra fatto apposta per chi i rossi li beve con il pesce. Magari con qualche salsa. Magari fà proprio bene in questo caso. Sorpresa.

Autoctoni

Jacuss Fuc & Flamis 2010

Ah lo schioppettino. Gli autoctoni friulani sono un pò così, se non li ami possono risultare scontrosi. Lo schioppettino è vitigno particolare, che si riconosce per le sue intense note speziate, pepe nero e incenso che nemmeno si fosse in chiesa. Jacuss propone un 2010 interessante, colore scarico somigliante quasi a una Schiava, ma naso varietale al massino, pepe macinato, spezie, un pò di frutta rossa di contorno. Buona intensità anche in bocca. Da provare. Ah, il nome stà per fuoco e fiamme, che ve lo dico a fare.

La Tunella Schioppettino 2009

Altro schioppettino buonissimo, questo più muscoloso del precedente. La nota varietale è sempre ben presente, incenso, pepe, anche qualche sentore erbaceo, origano, una nota particolare di marinatura sempre al naso. In bocca intenso e persistente, una certa potenza, rotondo. Il leggero appassimento delle uve si sente, chiude morbido. Bel vino. 90pt

Moschioni Schioppettino 2008

Ancora schioppettino, ancora potenza. Sempre le spezie al naso, ma in bocca c'è anche molto tannino e una successione entusiasmante di frutti di bosco. Un vino di grande eleganza nonostante la sua struttura imponente. E' straordinariamente presto per poterlo aprire. Pazienza, non ci si pentirà.
 
Moschioni Pignolo 2006

Altro autoctono di razza, il Pignolo. Uve dal grappolo piccolo e spargolo, che deve il suo nome alla particolare conformazione del grappolo stesso, è vitigno caratterizzato da acidità spiccata e tannino irruento, che lo rendono adatto al lungo invecchiamento. Il tannino è la caratteristica principale di questo pignolo di Moschioni, qui abbiamo davanti almeno dieci se non venti anni di potenziale invecchiamento, ma è vino che ha carattere e classe.

Jermann Pignacolusse 2007

Straordinaria interpretazione del Pignolo e vincitore ex aequo della serata per me. Jermann lavora alla perfezione questo vitigno traducendolo in un vino dritto, preciso, ben fatto. Rosso rubino di grande fittezza, naso elegante, la barrique si sente ma si integra alla perfezione con frutti a bacca nera in successione a note più evolute di pellame e cacao. Trama tannica in bocca ma è vino già godibile, la barrique regala note di vaniglia e di affumicato, la persistenza è incredibile, complesso, fine, intrigante piccantezza finale. 91pt

La Tunella L'Arcione 2008

Uvaggio autoctono metà Schioppettino metà Pignolo per il rosso di punta di questo produttore. Gran vino, forse il migliore della serata insieme al Pignacolusse. Entrambe le varietà vengono sottoposte a leggera surmaturazione prima del processo di vinificazione e di quello successivo di invecchiamento in tonneaux per un tempo complessivo di oltre 3 anni.Tra naso e bocca si trova perfetta sinergia, note fruttate e più evolute come cuoio e liquirizia, insieme a quelle più varietali dello schioppettino. Molto pieno e persistente. 91pt

L'angolo BIO

Kante Terrano 2007

Edi Kante tra gli amanti del vino non ha bisogno di presentazioni, viticoltore tra i più stravaganti, intraprendenti e sperimentatori. Viticoltura biodinamica nel senso più stretto del termine, e suoli carsici, difficili ma così irresistibili. La terra carsica è scontrosa, ma è dove deve soffrire che la vigna regala gemme preziose. Il Terrano è qui l'uva rossa più autoctona, una sorta di legame inscindibile lega quest'uva al Carso. Il Terrano di Kante è esperienza sensoriale a prescindere. Questo 2007 al momento dell'assaggio (solo pochi giorni dopo potrebbe essere diversissimo, vino camaleonte) ci regala un naso sorprendente, con una nota funginea così netta da credere di avere dei funghi tagliati nel bicchiere, non un vino rosso. Si apre poi e arrivano sentori di fumo e di terra che troveremo come comun denominatore in altri terrano della serata. Non tanta frutta qui, sono vini da dentro o fuori. Anche in bocca interessante nella sua complessità. Bevuta didattica. Chapeau.

Zidarich Rujè 2006

Uvaggio di 90% Merlot e 10% Terrano, Zidarich è un altro famoso produttore dell'area del Carso, seguace della viticoltura biodinamica. Il suo Rujè pur essendo a maggioranza Merlot possiede solo alcune delle caratteristiche tipiche del vitigno, il resto è puro bagaglio biodinamico, come quella evidentissima nota di passata di pomodoro che si sente non appena si porta il bicchiere al naso. In bocca rotondo, con un pizzico di acidità marchiata Terrano. Tre gli anni di affinamento in botti di rovere di Slavonia di diverse dimensioni, il legno qui non lascia impronta però. Nessuna filtrazione. Nessun compromesso.